Icone sacre dipinte a mano
Icone sacre dipinte a mano
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Natività di Gesù bambino,natività del Signore,Natività di Cristo,natale di Gesù,natale di Cristo,Il pittore russo Andrej Rublëv (1360-1430), venerato come santo dagli ortodossi, è considerato il più grande autore di icone della storia della pittura. A lui, che dipinse l’importantissima Icona della Trinità, si riconduce anche una Icona della Natività destinata a grandissima fortuna in Russia, tanto da essere fedelmente riprodotta, con minime varianti, in un gran numero di esemplari, a partire dal primo Quattrocento.  Leggi anche:  Le icone, manifestazioni del divino Si tratta di una piccola tavola che rielabora un antico schema iconografico bizantino risalente al VI secolo e ispirato, sostanzialmente, dai Vangeli apocrifi. L’opera illustra il momento della nascita di Gesù, attraverso una serie di personaggi che mantengono, nelle varie versioni, tendenzialmente le stesse posizioni. Natività L'icona viene dipinta con un chiaro riferimento alla centralità della Theotokos, la Madre.
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Icona  della trinità dipinta dalla scuola di iconografia di Nicola Damiano,icone angeli,icone arcangeli,icona angelo custode,icone dei santi,icona di sara,icona di abramo,icona antico testamento,icona sacra dipinta a mano,icona fatta a mano,vendita icone sacre,icone cristiane,icone religiose,icone cattoliche,icone bizantine,icone greche,icone russe,icone cretesi,icone italiane,icone sacre moderne,icone antiche,icone ortodosse,sante icone,arte sacra,arte bizantina,arte religiosa,arte medioevale,icone medioevali,articoli religiosi,corsi di iconografia Santa Trinità (con Sara e Abramo) l'incontro di Abramo e Sara con tre viandanti-angeli, prefigurazione della Santissima Trinità.
Col termine “Annunciazione” di descrive l’incontro tra Maria e l’arcangelo Gabriele nel piccolo borgo di Nazareth. Un incontro destinato a cambiare completamente le sorti dell’umanità, in quanto fu in quell’occasione che l’Arcangelo, messaggero di Dio, annunciò appunto alla fanciulla l’imminente nascita del Messia.  È del mistero dell’Incarnazione del Verbo che stiamo parlando, ovvero la credenza che Gesù Cristo si sia incarnato nel grembo di Maria Vergine. Per questo l’Annunciazione era chiamata anticamente festa della Divina Incarnazione. Un concetto imprescindibile per i cristiani, che tuttavia generò molti disaccordi nell’antichità. Alla fine, dopo le proposte e le dissertazioni riguardo l’Incarnazione e la natura di Gesù che vennero discusse nel Primo Concilio di Nicea nel 325, nel Concilio di Efeso nel 431 e nel Concilio di Calcedonia nel 451, venne dichiarato che Gesù era sia pienamente Dio, e come tale incarnazione della seconda persona della Santissima Trinità, generato e non creato dal Padre, sia pienamente uomo, nato da Maria Vergine, fattosi carne. Tutto ciò che divergeva da questo pensiero venne definito eresia. Annunciazione Il 25 marzo si celebra l’Annunciazione del Signore, una festa dedicata a Gesù, e a Maria
icona bizantina dipinta a mano da nicola damiano,icone sacre,icone ortodosse,icone religiose,icone sacre famose,icone russe famose,icone cristiane fatte a mano.La fuga di Gesù in Egitto e la storia d’Israele I Vangeli parlano di fuga e di permanenza di Gesù in Egitto. Il fatto è storicamente plausibile o va letto soltanto come un richiamo all’esodo biblico del popolo d’Israele?   Lorenzo S.  La fuga in Egitto del bambino Gesù e della sua famiglia, a causa della persecuzione ordita da Erode (Mt 2,13ss), è raccontata nella parte iniziale del Vangelo di Matteo, chiamata comunemente “Vangelo dell’infanzia” (Mt 1-2, che presenta varie analogie con quella corrispondente in Lc 1-2). Il fatto prende l’avvio da un avvertimento provvidenziale che Giuseppe riceve in sogno. La narrazione ci informa poi che la Santa Famiglia rimase in Egitto fino alla morte di Erode: da quest’unico particolare non si può quantificare con esattezza la durata di quell’esilio (potremmo conoscere tutt’al più il termine, dal momento che Erode I morì nel 4 a.C.). L’Egitto rappresentava il luogo di rifugio più immediato per coloro che scappavano dalla tirannia del re di Giudea. La tradizione dell’Egitto come luogo di asilo con tutta probabilità ha influenzato il racconto di Matteo, che ha delle affinità con il genere letterario della persecuzione contro un giusto da parte di un re malvagio; gli esempi più conosciuti sono quelli di Mosè (Es 2,15) e Davide (1Sam 19,8-10; 23,19-28). Il nostro racconto ricalca da vicino due episodi del popolo di Israele: la discesa di Giacobbe in Egitto al tempo della carestia di Canaan, dopo che Giuseppe si era rivelato ai fratelli (Gen 46); e soprattutto l’esodo stesso dei figli di Israele dopo l’intervento di Dio contro l’Egitto (Es 13,17-22). Anche Gesù scende in Egitto con suo padre e da lì viene via per realizzare il piano salvifico di Dio. Se si pone attenzione alla costruzione che Matteo fa dei racconti dell’infanzia si nota facilmente come alcune citazioni dell’Antico Testamento forniscono quasi l’impalcatura delle scene, con il chiaro intento di dimostrare che Gesù è il Figlio di Dio e che in lui si adempiono le antiche Scritture (sono le cosiddette “formule di compimento”). Così il racconto della fuga in Egitto è accompagnato dalla citazione di Os 11,1: «Quando Israele era giovinetto io l’ho amato e dall’Egitto ho chiamato mio figlio»; Osea si riferisce all’evento dell’esodo biblico che ha reso figlio di Dio il popolo d’Israele. Matteo cita il profeta nella versione ebraica che identifica Israele (realtà comunitaria) come un figlio (realtà singola) e applica questo testo a Gesù, il Figlio unico. Gli studiosi sono concordi nel ritenere che tale rilettura della Scrittura compiuta da Matteo nei racconti dell’infanzia, rispecchi da vicino il metodo midrashico dei maestri ebrei. L’intento non è dunque primariamente storico-cronachistico, ma teologico. Matteo, riportando alcuni elementi storici dell’infanzia di Gesù, compone un “midrash(1) cristiano”. Applicando cioè questo metodo interpretativo, egli (e con lui i primi cristiani) rilegge le antiche Scritture per dire che Gesù è un nuovo Mosè, è un nuovo legislatore, è una nuova guida per il popolo di Dio. Si tratta di una delle intuizioni cristiane più grandi: vedere la storia di Israele come anticipatrice della vicenda di Gesù, per cui tutto ciò che riguarda la vita di Gesù trova il suo sfondo nella storia d’Israele. Fuga in Egitto «Alzati, prendi il bambino e sua madre, fuggi in Egitto ...
L'immagine è basata sulla storia biblica digli ultimi giorni di Gesù sulla terra. Alla vigilia del tradimento, dell'arresto e della crocifissione di Giuda, Cristo radunò tutti i suoi discepoli in casa per un pasto. Durante di lei, spezzò un pezzo di pane e lo diede agli apostoli, dicendo: "Mangia, questo è il mio corpo, che si rompe perché tu possa perdonare i peccati". Poi bevve dalla coppa e lo diede anche ai suoi seguaci, dicendo che il suo sangue era lì per l'espiazione dei peccati. Queste parole entrarono anche nel rito della chiesa, noto come Eucaristia. L'icona dell'Ultima Cena ricorda anche al credente che in quel lontano giorno Gesù predisse che ben presto sarebbe stato tradito da uno dei discepoli. Gli apostoli si agitarono, chiedendo a chi stava parlando, ma il Signore diede del pane a Giuda. Il giovedì santo, la Chiesa cristiana ricorda questo evento come un servizio speciale.  Significato dell'icona "L'ultima cena" - un'icona il cui valore è molto chiaro e allo stesso tempo non pienamente compreso. Gli elementi centrali principali sono il vino e il pane che stanno sul tavolo. Parlano del corpo e del sangue di Gesù, che si è sacrificato. Allo stesso tempo, si può sostenere che Cristo stesso interpreta il ruolo di un agnello, tradizionalmente preparato per la Pasqua dagli ebrei. Ultima cena "Ultima Cena", una scena avvenuta duemila anni fa alla vigilia della crocifissione di Cristo
Un dottore della legge aveva domandato a Gesù che cosa doveva fare per ereditare la vita eterna. Gesù a sua volta lo aveva invitato a rivedere ciò che era scritto nell’Antico Testamento. La parabola dà la risposta alla domanda “chi è il mio prossimo?”, indicando che prossimo è colui al quale ci avviciniamo, non solo i parenti, i vicini di casa, gli amici, ma tutti gli uomini, a partire da coloro che hanno bisogno del nostro aiuto. Il Samaritano è uno straniero ed un eretico, per gli Ebrei, in particolare per i fedelissimi, i sacerdoti e i leviti. Da un Samaritano nessuno si aspetta un atto di bontà. Gesù con questa parabola parla di sé. È lui il buon Samaritano che da Figlio di Dio si è fatto uomo per farsi prossimo agli uomini. Non mancano occasioni quotidiane, anche ai bambini, per riconoscere per la strada o a scuola chi si comporta come il Samaritano o come il sacerdote e il levita della parabola. I genitori non invitino a giudicare le persone, ma a comportarsi come il Samaritano. Buon Samaritano Gesù attraverso la parabola vuole quindi enfatizzare l'importanza dell'amore sopra ogni cosa
Icona del Battesimo di Gesù Cristo dipinta a mano dall'iconografo Nicola Damiano,icone di cristo,icone di san giovanni battista,icone dello spirito santo,sante icone,icone sacre,icone bizantine,icone ortodosse,icone cristiane,icone cattoliche,icone greche,icone russe,icone della vita di cristo,icone dipinte a mano,icone fatte a mano,icone scritte a mano,icone medioevali,arte sacra,arte cattolica,arte religiosa,dipinti religiosi,icone religiose,icone angeli,san giovanni battista detto l'angelo del deserto Battesimo di Gesù Cristo Il battesimo di Gesù da parte di San Giovanni Battista nel giordano,con la colomba (Spirito Santo)
Gesù compie il primo miracolo Cana, su richiesta della Santa Madre Maria. Sembra quasi che la risposta di Gesù sia infastidita: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Ho guardato che la traduzione precedente era ancora più dura: «Che ho da fare con te, o donna?». Perché Gesù risponde così? Forse perché ritiene inopportuna la richiesta?  Mario Naldoni  La domanda posta dal lettore non deve far dimenticare come l’evangelista conclude l’episodio delle nozze a Cana di Galilea, così commentando: «questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui» (Gv 2,11).  Peraltro, la narrazione dello sposalizio si era aperto rammentando che a quella festa di nozze «c’era la Madre di Gesù», e contemporaneamente che «fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli» (Gv 2,1-2).  L’arrivo di Gesù successivo alla Madre non deve far dimenticare anche che egli è il primo a lasciare Cana, per andare a Cafarnao e quindi a Gerusalemme: «dopo questo fatto scese a Cafàrnao, insieme a sua madre, ai suoi fratelli e ai suoi discepoli. Là rimasero pochi giorni. Si avvicinava intanto la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme» (Gv 2,12-13): si mostra chiaramente così dove conduce il suo cammino.  Ma quello che si è compiuto a Cana è «l’inizio dei segni», sette in totale con cui l’evangelista descrive l’opera di Gesù, che culminano con la risurrezione dell’amico Lazzaro, prima degli eventi della passione. Questi segni prendono il posto che nei primi tre Vangeli (i «Sinottici») hanno i gesti con cui Gesù guarisce, risana e libera dal demonio. Giovanni ne sceglie solo sette.  Ora, al primo di questi segni, che apre la strada a tutti gli altri, accolto dalla fede dei discepoli («i suoi discepoli credettero in lui»), è presente la Madre di Gesù.  L’espressione notata dal lettore (che letteralmente suona come «che c’è tra me e te») è il ricalco greco di un linguaggio aramaico-ebraico presente alcune volte nell’Antico Testamento (Gdc 11,12; 2 Sam 16,10; 19,23; 1 Re 18,18; 2 Re 3,13) e anche nel Nuovo (Mc 1,24; 5,7; Mt 8,29; Lc 4,34; 8,28). Si accompagna all’espressione sull’«ora», che è meglio interpretare con un senso interrogativo: «non è ancora giunta la mia ora».  Per di più, Gesù chiama irritualmente sua Madre «donna», come anche sulla croce: «vedendo la Madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, [Gesù] disse alla madre: «Donna, ecco tuo figlio!» (Gv 19,26).  In parole semplici potremmo rendere il tutto in questo modo: «che vuoi da me, donna? La mia ora è già venuta». Gesù afferma che è iniziata la sua missione, che lo porterà alla croce e Maria diventa il modello di quanti accolgono la sua rivelazione compiuta nel segno dell’acqua diventata vino. Nozze di Cana Vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato anche Gesù
icona per mano di nicola damiano,iconografo pugliese,icone sacre,icone cattoliche,icone bizantine dipinte,icone cristiane fatte a mano,icone religiose,icone sacre ortodosse,La locuzione “noli me tangere”, contenuta in questa forma nella traduzione della Vulgata del Vangelo secondo Giovanni 20,17, è attribuita a Gesù, che l’avrebbe rivolta a Maria Maddalena subito dopo la risurrezione; ma ha sollevato qualche dubbio l’eventuale ragione di questa presa di distanza e pertanto più d’uno fra gli esegeti ha mostrato perplessità.  Confesso che quell’ imperativo negativo “Noli me tangere” mi ha sempre turbato. Perché dice così Gesù a Maria Maddalena? Maddalena è figura cara al Cristo, è corsa alla tomba per via dell’amore che la lega al figlio di Dio, perché lui l’allontana? è un gesto di rifiuto, quella frase? Ma perché dovrebbe Gesù rifiutare chi l’ama? Non l’ha mai fatto, in nessun altro momento Gesù ha rifiutato di essere toccato.    Dunque che cosa nascondono queste parole dure al senso? Nel testo di questo particolare episodio, è decisivo sciogliere quell’ espressione che in greco suona “mê mou haptou”, che potrebbe essere tradotto: non mi fermare, non mi trattenere. Il Cristo è risorto, non è più di questa terra, è in transito verso il suo vero destino. Il suo corpo è un corpo non più umano, è corpo glorioso. è questo che dice dunque Gesù a Maddalena: non mi trattenere.  Le moderne traduzioni della Bibbia quindi, invece di “non mi toccare”, traducono “non mi trattenere”. Tale nuova interpretazione è, probabilmente, più aderente ad una significativa lettura di questo passo del Vangelo di Giovanni. Noli me tangere La frese è attribuita a Gesù, che l’avrebbe rivolta a Maria Maddalena subito dopo la risurrezione
La storia dei re Magi è una leggenda che nasce da molto lontano, in terre esotiche e ricche di molte tradizioni. I tre misteriosi personaggi sono menzionati solo nel Vangelo di Matteo che parla dei Magi che arrivarono a Gerusalemme, guidati in Giudea da una stella, durante il regno di Erode alla ricerca del neonato Re dei Giudei. Originari dell'altopiano iranico, i magi erano studiosi di astronomia e legati al culto degli astri. Si chiamavano Melchiorre il più anziano, Baldassarre e infine Gaspare il più giovane (la relazione fra nome ed età dei Magi è però molto confusa) e portarono in dono oro, incenso e mirra. I doni dei Magi hanno un significato particolare; essi fanno riferimento alla duplice natura di Gesù, quella umana e quella divina: l'oro perché è il dono riservato ai Re e Gesù è il Re dei Re, l'incenso, come testimonianza di adorazione alla sua divinità, perché Gesù è Dio, la mirra, usata nel culto dei morti, perché Gesù è uomo e come uomo, mortale, quindi una anticipazione della sua futura sofferenza redentrice. La leggenda narra che i resti mortali dei Re Magi furono recuperati in India da Sant'Elena e poi portati a Costantinopoli, da qui nel 1034 furono trasferiti a Milano nella chiesa di S.Eustorgio, quindi nel 1164 furono trafugati da Federico Barbarossa e portati a Colonia dove venne costruita una bellissima basilica per accoglierne le spoglie. Fu S. Leone a stabilire che i Magi fossero tre, come i continenti allora conosciuti, come le razze umane, come le età dell’uomo, come le partizioni del tempo.  Il tema dell'Adorazione dei Magi fu uno dei più frequenti nell'arte italiana e fiorentina del XV secolo, poiché permetteva di inserire episodi marginali e personaggi che celebrassero il fasto dei committenti; inoltre ogni anno, per l'Epifania, si svolgeva a Firenze un corteo che rievocava la Cavalcata evangelica nelle strade cittadine Adorazione dei Magi Secondo la tradizione biblica i Re Magi erano saggi esperti di astrologia, venuti da Oriente
Erano molto poveri e avevano solo un asino, che trasportava Maria quando era molto stanca. Arrivati a Betlemme Giuseppe e Maria non riuscirono a trovare una camera in nessuna locanda, anche perché erano poveri e nessuno accettava di ospitarli. Ma si resero conto che il bambino stava per nascere e allora decisero di trovare riparo in una stalla abbandonata dove si trovava solo un bue.   Il presepe, la storia e le idee per farlo in casa   Il bambino nacque nella stalla. Faceva molto freddo, Maria lo sistemò in una mangiatoia piena di paglia e il bue e l’asinello lo riscaldavano con il loro respiro. Alcuni pastori che erano nei paraggi insieme al lori gregge vennero avvisati da un angelo pieno di luce che disse loro “Non abbiate paura, sono qui per annunciarvi una grande gioia: oggi è nato quello che sarà il più grande di tutti i re. Andate a festeggiarlo: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia”. Natività di Gesù La natività di Gesù è contenuta nei vangeli secondo Matteo e secondo Luca oltre che nel Protovangelo
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Icone religiose  dipinte con le antiche tecniche bizantine

 Nicola Damiano

Laboratorio Icone sacre

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Italia

Manfredonia

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